Ecobonus per la Mobilità Sostenibile

L’Ecobonus è un programma di incentivi promosso dal Governo Italiano per favorire la
mobilità sostenibile e la riqualificazione energetica degli immobili. Vediamo i dettagli in
modo approfondito.

Chi ne ha diritto?

L’Ecobonus è rivolto a diverse categorie di cittadini:

  • Privati: Coloro che intendono acquistare veicoli non inquinanti, come auto elettriche, ibride
    e a motore termico con emissioni fino a 135 gr/km di CO2.
  • Imprese: Le aziende che vogliono rinnovare la propria flotta con veicoli ecologici.
  • Enti Pubblici: Comuni, province, regioni e altre istituzioni pubbliche.

Tipologie di Veicoli Beneficiari

L’Ecobonus copre diverse categorie di veicoli:

  • Auto Elettriche: Contributi per l’acquisto di auto a batteria o ibride plug-in.
  • Motocicli e Ciclomotori: Incentivi per veicoli elettrici e non elettrici con classe di
    omologazione uguale o superiore a Euro 5.
  • Veicoli Commerciali: Agevolazioni per furgoni elettrici e ibridi.

Importo del Contributo​

L’entità dell’Ecobonus varia a seconda del tipo di veicolo:

  • Auto Elettriche: Fino a 6.000 euro per le auto elettriche e ibride plug-in.
  • Motocicli e Ciclomotori: Fino a 1.500 euro per i veicoli elettrici.
  • Veicoli Commerciali: Fino a 20.000 euro per i furgoni elettrici.

Procedura per Richiedere l’Ecobonus

Ecco come ottenere il contributo:

  1. Prenotazione: Visita la piattaforma Invitalia per prenotare l’Ecobonus. La piattaforma è
    stata riaperta dal 23 gennaio 2024 per le prenotazioni relative ai veicoli non inquinanti.
  2. Acquisto del Veicolo: Dopo aver prenotato l’incentivo, procedi all’acquisto del veicolo.
  3. Richiesta del Contributo: Una volta acquistato il veicolo, completa la procedura online
    per richiedere il contributo.

Altre Agevolazioni Correlate

Oltre all’Ecobonus per la mobilità, esiste un’altra agevolazione.
Ecobonus per la Riqualificazione Energetica degli Immobili

  1. Chi ne ha diritto?
    Questo incentivo è rivolto a tutti i cittadini che svolgono lavori specifici sull’immobile di loro
    proprietà.
  2. Tipologie di Lavori Agevolati
    L’Ecobonus per gli immobili riguarda lavori di:
    • Isolamento Termico: Interventi per migliorare l’efficienza energetica dell’edificio.
    • Sostituzione di Infissi: Installazione di finestre e porte a basso impatto energetico.
    • Impianti Solari e Fotovoltaici: Installazione di pannelli solari e fotovoltaici.
    • Caldaie a Condensazione: Sostituzione di caldaie obsolete con modelli a condensazione.
  3. Percentuale di Agevolazione
    L’Ecobonus per gli immobili offre una percentuale di agevolazione che varia:
    • 50%: Per lavori di isolamento termico e sostituzione di infissi.
    • 65%: Per impianti solari e fotovoltaici e caldaie a condensazione.
  4. Procedura per Richiedere l’Ecobonus Immobiliare
    •  Documentazione: Raccogli la documentazione necessaria, come preventivi e certificazioni.
    • Lavori: Effettua i lavori con l’ausilio di professionisti qualificati.
    • Richiesta del Contributo: Presenta la richiesta tramite la piattaforma dedicata.

BONUS EDILIZI 2024

Questi bonus sono incentivi messi a disposizione dal governo per promuovere interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e altre opere edilizie volte a migliorare la qualità degli immobili e la sostenibilità ambientale. Prima di procedere con qualsiasi intervento, è sempre consigliabile richiedere l’assistenza di professionisti del settore, come geometri, architetti o ingegneri, per una corretta applicazione delle normative e massimizzare i benefici fiscali.

1. Bonus Fiscali per la Riqualificazione Energetica

Detrazioni fiscali per interventi di efficientamento energetico:

  • Nel 2024 sono confermate le detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica, come isolamento termico, sostituzione degli infissi, installazione di pannelli solari, caldaie a condensazione, pompe di calore e altri sistemi ad alta efficienza energetica.
  • Le detrazioni possono essere richieste sia per le abitazioni principali che per le seconde case.
  • L’importo massimo detraibile e le aliquote possono variare a seconda del tipo di intervento effettuato e delle specifiche condizioni previste dalla normativa vigente.

EcoBonus ed EcoBonus 110%:

  • Introdotto nel 2020 e confermato per il 2024, l’EcoBonus prevede un’agevolazione fiscale del 110% per interventi di efficientamento energetico abbinati al bonus mobili ed elettrodomestici.
  • Questo bonus consente di recuperare il 110% delle spese sostenute per lavori di ristrutturazione edilizia finalizzati all’efficientamento energetico, senza limiti di importo.
  • È possibile usufruire dell’EcoBonus per interventi come l’installazione di pannelli solari, sistemi di accumulo energetico, sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale ed estiva, e molto altro ancora.
  • È fondamentale rispettare i requisiti tecnici e le procedure di accesso per ottenere l’agevolazione.

Bonus Infissi 2024:

Questo incentivo è una detrazione fiscale per la sostituzione di infissi e finestre nelle case, legata ai lavori di efficientamento energetico o di ristrutturazione degli immobili. Il bonus prevede una detrazione fiscale del 50% con un tetto massimo di spesa di 60mila euro per l’Ecobonus e fino a 96mila euro per il Bonus Ristrutturazione.

Superbonus 70% 2024:

Il Superbonus è stato introdotto per promuovere l’efficienza energetica e la riduzione dei rischi sismici negli edifici. Per il 2024, la detrazione fiscale è stata ridotta al 70%, con nuove regole sugli interventi ammessi, i beneficiari e i limiti di spesa. Il Superbonus non può essere più usato per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari con indipendenza funzionale e accesso autonomo.

2. Bonus per la Ristrutturazione Edilizia

Bonus Ristrutturazioni Ordinarie:

  • Anche nel 2024 sono confermati i bonus fiscali per le ristrutturazioni edilizie ordinarie, che consentono di detrarre dall’imposta sul reddito una percentuale delle spese sostenute per i lavori di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo.
  • Sono agevolabili interventi come il rifacimento del tetto, la ristrutturazione degli impianti, la sostituzione delle finestre e porte esterne, la tinteggiatura e molto altro ancora.
  • Anche in questo caso, è necessario rispettare i requisiti previsti dalla normativa e conservare la documentazione comprovante le spese sostenute.

3. Bonus Giovani Coppie e Bonus Casa

  • Al fine di agevolare l’accesso alla prima casa e favorire la mobilità abitativa, il governo può prevedere specifici bonus per le giovani coppie o per coloro che acquistano o ristrutturano un’abitazione.
  • Questi bonus possono consistere in agevolazioni fiscali, contributi o finanziamenti a fondo perduto, a seconda delle politiche adottate.

4. Agevolazioni Regionali e Locali

  • Oltre ai bonus fiscali nazionali, molte regioni e comuni possono prevedere ulteriori agevolazioni sotto forma di sgravi fiscali, contributi o incentivi specifici per interventi di riqualificazione edilizia.
  • È importante informarsi sulle opportunità offerte dalla propria regione o comune e verificare le eventuali procedure da seguire per accedere a tali agevolazioni.

5. Conclusioni e Avvertenze

  • Prima di intraprendere qualsiasi intervento edilizio al fine di beneficiare dei bonus fiscali, è fondamentale informarsi in modo accurato sulle normative vigenti e sulle modalità di accesso alle agevolazioni.
  • È consigliabile affidarsi a professionisti del settore, come geometri, architetti, ingegneri o commercialisti, per una corretta valutazione delle opzioni disponibili e per garantire il rispetto delle normative.
  • Conservare con cura tutta la documentazione relativa alle spese sostenute e ai lavori eseguiti, in quanto potrebbe essere richiesta in fase di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate.
  • Tenere presente che le agevolazioni fiscali possono subire variazioni nel tempo in base alle decisioni del governo e alle disposizioni legislative in materia.

BONUS ROTTAMAZIONE TV

Dopo che la legge di Bilancio 2023 non ha prorogato l’incentivo voluto dal governo Draghi per aiutare ad acquistare una nuova tv o un nuovo decoder, l’agevolazione si concretizza nel 2024.

La modifica continua delle frequenze ha determinato, per molte famiglie italiane, la necessità di dover cambiare tv o acquistare un decoder per continuare a vedere tutti i canali nazionali.

A causa di questa modifica di frequenze dall’8 marzo 2022, le famiglie italiane, che utilizzano in casa  TV acquistate prima del 2010, si sono trovate a non vedere più i canali nazionali.

Il 2023 è stato l’anno dello stop al Bonus rottamazione tv e decoder. Infatti, nella legge finanziaria del 2023 tale misura è stata definitivamente eliminata e chi ha acquistato una nuova tv non ha potuto godere del Bonus rottamazione tv.

Il Governo Meloni ha deciso per lo stanziamento di 90 milioni di euro e l’agevolazione arriverà nel 2024.

La misura è prevista in un Decreto firmato ma non ancora pubblicato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che non è emerso dalla Legge di Bilancio 2024 o dalla riforma fiscale 2024. 

Il Bonus rottamazione TV 2024 mirerà, come per gli scorsi anni, ad incentivare il ricambio dei vecchi apparecchi tv con nuovi di ultima generazione promuovendo anche il corretto smaltimento.

Come funziona il Bonus rottamazione TV

Il bonus rottamazione TV funziona mediante uno sconto fino a 100 euro sull’acquisto di un nuovo televisore, valido per chi smaltisce il vecchio dispositivo attraverso un corretto smaltimento dei rifiuti elettronici. Se saranno confermate le stesse regole nel 2024, già valide fino al 2022, la rottamazione potrà essere effettuata direttamente presso i rivenditori aderenti all’iniziativa presso cui si acquistava la nuova televisione, consegnando al momento dell’acquisto la TV obsoleta.

Come alternativa, è possibile consegnare la vecchia TV direttamente presso un’isola ecologica autorizzata prima di procedere all’acquisto del nuovo apparecchio. 

In questo caso:

  • l’operatore del centro di raccolta RAEE dovrebbe rilasciare una certificazione di avvenuta consegna dell’apparecchio;
  • con il modulo firmato, l’utente potrà recarsi presso i punti vendita aderenti e beneficiare dello sconto applicato al prezzo di acquisto;
  • acquistando un nuovo televisore, è possibile rottamare il vecchio in casa, a patto che quest’ultimo sia stato comprato prima del 22 dicembre 2018. Così ha funzionato il Bonus nel 2023, consentendo agli acquirenti di ottenere uno sconto del 20% sul prezzo di vendita del nuovo apparecchio. 

Il beneficio può essere erogato fino ad un massimo di 100 euro per ciascun beneficiario richiedente che rottamerà correttamente il vecchio televisore.

Il Bonus è stato introdotto nella manovra di bilancio del 2021 per due obiettivi, quali:

  • investire sull’innovazione tecnologica;
  • abituare ai comportamenti responsabili sui consumi energetici e sulla tutela ambientale, con attenzione ai nuovi elettrodomestici e apparecchi per la casa meno energivori e più sostenibili.

Chi ha diritto al Bonus rottamazione TV

Per poter accedere al Bonus rottamazione TV per il 2024, ancora non confermato, probabilmente si dovranno rispettare i requisiti previsti per accedere allo sconto relativi all’anno 2022, ossia:

  • residenza sul territorio italiano;
  • adeguata e corretta rottamazione dei vecchi televisori acquistati prima del 22 dicembre 2018;
  • essere in regola con il  pagamento del canone Rai.

Inoltre il bonus rottamazione TV dovrebbe spettare, come per gli altri anni, anche alle persone fisiche residenti in Italia, con età superiore ai 75 anni al 31 dicembre 2022, esenti dal pagamento del canone e con un reddito familiare annuo non superiore a 8.000 euro.

L’agevolazione viene concessa una sola volta per l’acquisto di un solo apparecchio per nucleo familiare e si applica soltanto per la sostituzione delle TV e non per i decoder. 

Ma per poterne usufruire in questo nuovo anno è necessario attendere l’ufficialità.

L’evoluzione dei Bonus TV nel tempo

Con la Legge di Bilancio 2018 si è parlato per la prima volta di agevolazioni simili a quella inizialmente prevista dal Bonus rottamazione TV per il 2024. Tale manovra, infatti, aveva introdotto un contributo a favore dei cittadini per l’acquisto di dispositivi di nuova generazione, compatibili con lo standard DVB-T2 del digitale terrestre. Il cosiddetto Bonus TV-Decoder ha rappresentato un primo passo verso l’aggiornamento tecnologico degli apparecchi televisivi nel paese.

Parlando invece di Bonus rottamazione TV 2024 vero e proprio, tale misura è stata introdotta per la prima volta nella manovra del 2021 ed erogata sotto forma di contributo agli acquirenti di televisori di nuova generazione, a condizione che si occupassero della corretta rottamazione dei dispositivi obsoleti. Questa agevolazione, è stata promossa con l’obiettivo di coniugare l’innovazione tecnologica con la responsabilità ambientale.

Nel 2022, la Legge di Bilancio ha aggiunto un ulteriore tassello grazie all’erogazione del Bonus Decoder “a casa”. Tale misura prevedeva la consegna gratuita, direttamente al domicilio, di un decoder di nuova generazione per cittadini di età pari o superiore ai settanta anni, titolari di un trattamento pensionistico non superiore a 20 mila euro annui. Nel 2024, il Bonus rottamazione TV e Bonus Decoder “a casa” non sono stati prorogati e, dunque, le misure individuate con lo scopo di promuovere il passaggio a nuovi dispositivi, sono state progressivamente ridotte fino alla loro completa eliminazione.

Quali televisori si possono rottamare per il bonus

Per verificare l’ammissibilità di una TV o di un decoder al Bonus rottamazione TV, il Ministero aveva reso disponibile una lista di prodotti “idonei” consultabile gratuitamente da tutti i cittadini.

Più in generale, coloro che desideravano ottenere lo sconto per il nuovo apparecchio televisivo, dovevano provvedere alla rottamazione di dispositivi acquistati prima del 22 dicembre 2018. Inoltre, per verificare la compatibilità del proprio dispositivo con la codifica Mpeg-4, era possibile eseguire un test elementare: risintonizzare il televisore o il decoder e successivamente selezionare i canali Rai 501, 502 o 503. Se il segnale veniva ricevuto e la dicitura HD appariva sul logo, ciò indicava che il dispositivo era conforme allo standard; in caso contrario, sarebbe stato necessario acquistare una nuova TV o un nuovo decoder.

BONUS BARRIERE ARCHITETTONICHE

COSA CAMBIA DAL 1 GENNAIO 2024

Tra i tanti bonus per le ristrutturazioni erogati negli ultimi anni dal governo italiano, c’è anche il bonus barriere architettoniche, che seppur parte integrante della legge di bilancio 2022, è stato prorogato per gli anni 2024 e 2025.

Con il decreto legge n. 212 del 2023, pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale, il Consiglio dei Ministri ha introdotto alcune novità sul provvedimento concernente le agevolazioni previste per la riqualificazione edilizia, bonus 110%, e per l’eliminazione delle barriere architettoniche, bonus 75%.

Ridimensionato il bonus barriere architettoniche, che a partire dal 1° gennaio 2024 non prevede più la detrazione delle spese per il rifacimento di bagni e infissi; ridimensionato anche la possibilità di optare per lo sconto in fattura e la cessione del credito.

NOVITA’ BONUS BARRIERE ARCHITETTONICHE 2024

Con il nuovo Decreto Legge, per il 2024 viene ridimensionato il bonus barriere architettoniche e ammessi interventi volti esclusivamente all’abbattimento delle barriere architettoniche afferenti all’eliminazione di scale, rampe, istallazioni o sostituzioni di ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici, interventi che dovranno naturalmente rispettare gli standard di accessibilità e fruibilità previa dichiarazione di asseverazione firmata da un tecnico abilitato.

Viene meno la possibilità di accedere alla detrazione per l’eliminazione delle barriere architettoniche viene meno per i lavori di sostituzione degli infissi e per il rifacimento dei bagni.

Limitata anche la possibilità per optare per la cessione del credito e lo sconto in fattura.

Con il nuovo provvedimento,  la cessione del credito e lo sconto in fattura sarà limitata ai lavori sui condomini a prevalente destinazione abitativa, ai titolari di redditi bassi e ai soggetti con disabilità. lo sconto in fattura o la cessione del credito sarà ammessa ai condomini a destinazione abitativa solo e limitatamente per gli interventi effettuati su parti comuni.
Lo sconto in fattura o la cessione del credito sarà consentito naturalmente anche alle persone fisiche purché gli interventi sono effettuati sulla sulla prima casa di cui siano proprietari o su abitazioni in cui abbiano diritto reale di godimento, a condizione che non abbiano un reddito superiore a 15.000 euro.
Tale limite di reddito non si applica nel caso in cui nel nucleo familiare sia presente una persona con disabilità riconosciuta e in possesso dei requisiti della legge 104/1992, art. 3.

l Bonus barriere architettoniche 2024: i massimali di spesa

Il bonus barriere architettoniche secondo le direttive dell’Agenzia delle Entrate non è cedibile a terzi, come ad esempio se c’è il decesso del richiedente. Tuttavia se l’immobile successivamente viene messo in vendita, allora è consentita la cessione del credito, quindi il venditore può ottenere la detrazione fiscale per le restanti quote non sfruttate.

Dal punto di vista dei massimali, va aggiunto che in base all’articolo Art. 119-ter del Decreto Legge n. 34/2020 è possibile calcolarli come di seguito elencati:

  1. € 50.000 per tutti gli edifici della tipologia unifamiliare o per altre unità immobiliari che seppur presenti in edifici plurifamiliari siano comunque indipendenti e con almeno un accesso dall’esterno. Tuttavia come riportato nella circolare 17/E dell’anno 2023, l’agevolazione può essere riconosciuta anche nel caso in cui gli interventi edili, siano stati realizzati su singole unità immobiliari non indipendenti tipo un appartamento ubicato in un contesto in condominiale, e comunque non superiore al suddetto importo.
  2. € 40.000 moltiplicati per le varie unità immobiliari di cui si compone un edificio che comprende da un minimo di due fino a otto appartamenti.
  3. € 30.000 moltiplicati per tutte le unità immobiliari in cui ci sono più di otto abitazioni; infatti, se ad esempio ce ne sono 16, il limite di spesa detraibile ammonta a 560.000 euro ossia 40.000 euro x 8 unità (320.000 euro) e 30.000 euro x 8 (240.000 euro).

Chi sono i soggetti che possono richiedere il bonus e su quali immobili

Il bonus barriere architettoniche è destinato a persone fisiche, esercenti, enti pubblici o privati che non svolgono nessuna attività commerciale e sociale semplice, così come a professionisti siano essi residenti e non in Italia. Nel dettaglio per persone fisiche si intendono esercenti di arti o professioni, enti pubblici e privati che non svolgono alcuna attività commerciale, i titolari di società semplici e tutti i soggetti che producono un reddito d’impresa come associazioni o enti.

Per ottenere la detrazione del bonus barriere architettoniche, la normativa specifica prevede che per i pagamenti bisogna effettuare un bonifico per agevolazione o quello della cosiddetta tipologia parlante, e quindi non essendoci una sola modalità la più conveniente è proprio la prima. La causale da aggiungere in questo caso è semplicemente quella di citare l’art. 119 ter del Decreto Legge denominato Rilancio.

Il bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche è accessibile a tutti i proprietari di edifici, indipendentemente dalla loro categoria catastale. Questo include anche gli immobili utilizzati come beni strumentali.

È importante sottolineare che il bonus è concesso anche per edifici ad uso commerciale o industriale, come uffici, negozi e capannoni, a condizione che non si tratti di costruzioni nuove; infatti, l’agevolazione è riservata esclusivamente agli edifici preesistenti.

Va inoltre precisato che il bonus non è applicabile nei casi in cui i lavori prevedano la demolizione e successiva ricostruzione di un’abitazione.

Cessione del credito ridimensionato

Oltre all’elenco dei lavori ammessi, il decreto legge n. 212 del 29 dicembre 2023 va a modificare le regole per fruire della cessione del credito o dello sconto in fattura.

La libera scelta tra le due forme resta limitata al 31 dicembre 2023, mentre sparisce nel 2024, ad eccezione di alcuni casi “particolari”. Il decreto introduce alcune “salvaguardie” in casi specifici, nei quali sarà ancora possibile optare liberamente tra cessione del credito e sconto in fattura:

  • per i condomini, limitatamente a interventi su parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa
  • per persone con reddito fino a 15.000 euro, per quanto riguarda lavori su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari (sempre che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare e che la stessa sia “prima casa”)
  • presenza di soggetti con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 104 nel nucleo familiare del contribuente

Al di fuori dei casi sopra elencati, a partire dal 1° gennaio 2024 l’unico modo per fruire della maxi agevolazione è l’indicazione nella Dichiarazione dei redditi, con la possibilità di recuperare il 75% della spesa sostenuta in 5 anni.

BONUS SICUREZZA (SISMA BONUS)

Fino al 31 dicembre 2024, l’Agenzia delle Entrate offre un’importante occasione per migliorare dal punto di vista sismico gli immobili, attraverso il Sisma Bonus.

Per tutto il 2024 è stato prorogato il Sisma Bonus per le spese di messa in sicurezza antisismica. Sarà possibile una detrazione del 50% per una spesa massima di 96mila euro per unità immobiliare.

La detrazione sale (al 70 o all’80%) quando dalla realizzazione degli interventi si ottiene una riduzione del rischio sismico di 1 o 2 classi.

Inoltre, per le spese sostenute dal 1° luglio 2020, l’articolo 119 del decreto legge n. 34/2020 ha introdotto per determinati interventi antisismici la detrazione del 110% (il cosiddetto “Super sisma bonus”)

Infine, chi compra un immobile in un edificio demolito e ricostruito nei Comuni in zone classificate a “rischio sismico 1”, può detrarre dalle imposte una parte consistente del prezzo di acquisto (75 o 85%, fino a un massimo di 96.000 euro)

La normativa definisce 8 classi di rischio sismico: A+, A, B, C, D, E, F, e G. Gli edifici in classe G si trovano nelle condizioni di rischio massimo. Mentre, gli immobili in classe A+ si trovano nelle condizioni di rischio minimo.

 

SISMA BONUS 2024: COME CAMBIA LA DETRAZIONE FISCALE

Il sisma bonus è una delle agevolazioni fiscali che sono state rinnovate anche per il 2024: è prevista per i lavori di adeguamento antisismico, che prevedono il miglioramento della struttura di un edificio rispetto al rischio sismico. 

Tale rischio viene classificato in Italia in base alla zone di intensità sismica: ogni immobile può essere protetto dalle conseguenze derivanti da un terremoto attraverso una serie di interventi di ristrutturazione. 

Il sisma bonus prevede delle detrazioni fiscali per gli interventi che mirano a mettere in sicurezza le abitazioni al fine di ridurre il rischio sismico. La sua proroga è stata prevista fino al 31 dicembre 2024. 

A seconda della tipologia di lavori che vengono effettuati, sarà possibile accedere a detrazioni che partono dal 50%, ma possono essere anche pari al:

  • 70%;
  • 75%;
  • 80%;
  • 85%. 

Il risparmio sulla spesa per gli interventi miranti a ridurre il rischio sismico di un edificio prevede un tetto massimo di 96.000 euro per ogni unità immobiliare.

Si potrà avere accesso al bonus portandolo in detrazione fiscale, in 5 anni, con la dichiarazione dei redditi. La cessione del credito e lo sconto diretto in fattura non sono più disponibile dal 17 febbraio 2023.

COME RICHIEDERE IL SISMA BONUS

Per richiedere il Sisma bonus occorre inoltrare comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate, indicando la data di inizio dei lavori e allegando le abilitazioni amministrative in cui sono descritte le tipologie delle opere da eseguire e la data di avvio delle stesse.

In mancanza si potrà produrre l’autocertificazione attestante la detraibilità dei costi sostenuti.

La documentazione prevista per il Sisma bonus include inoltre:

  • bonifici bancari o postali dei versamenti, correttamente compilati con la causale, codice fiscale e partita IVA del soggetto beneficiario;
  • fatture e ricevute fiscali che comprovano i costi sostenuti per realizzare i lavori, oltre che tutti gli altri documenti che riguardano le spese non saldate con bonifico;
  • autocertificazione sull’ammontare dei costi affrontati e dove viene conteggiata la detrazione.

Per accedere al Sisma bonus occorre anche presentare l’asseverazione relativa alla classe di rischio dell’edificio: questo documento serve per ricavare il livello di rischio iniziale e i miglioramenti conseguiti dopo la realizzazione dei lavori.

L’asseverazione dovrà essere depositata unitamente alla copia della domanda di concessione edilizia, insieme a anche una copia dell’attestazione di conformità degli interventi effettuati, così come certificati dal progettista incaricato.

CHI PUO’ AVVALERSI DEL SISMA BONUS 2024

I soggetti che possono beneficiare dell’agevolazione sisma bonus 2024 sono:

  • proprietari e nudi proprietari;
  • titolari di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie);
  • comodatari e locatari;
  • soci di cooperative divise e indivise;
  • imprenditori individuali, per gli immobili adibiti ad attività produttive;
  • società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti a questi
    equiparati, imprese familiari;
  • dal 2018 le detrazioni sono fruibili anche dagli Istituti autonomi case popolari e istituti assimilati.

Le agevolazioni sono estese a:

  • familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento (il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado);
  • coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro coniuge;
  • componente unione civile;
  • convivente more uxorio, non proprietario dell’immobile oggetto degli interventi né titolare di un contratto di comodato, per le spese sostenute a partire dal 1°gennaio 2016.

Tali soggetti possono effettivamente portare in detrazione le spese nel caso siano state sostenute da loro.

INTERVENTI ANTISISMICI RICONOSCIUTI DAL SISMA BONUS 2024

Il Sismabonus viene riconosciuto nel caso in cui gli interventi effettuati nell’immobile situato in zona sismica 1, 2 e 3 portano al recupero di 1 o 2 classi.

I lavori edilizi che consentono di rendere l’edificio maggiormente stabile in relazione a eventuali sollecitazioni provenienti da scosse di terremoto sono i seguenti:

  • consolidamento delle murature, questo risultato si può ottenere in diversi modi, ad esempio iniezione di malte o resine epossidiche, risanamento di crepe o lesioni con barre di carbonio o acciaio, ancoraggio della struttura lignea di copertura con le pareti perimetrali, fasciatura della cortina muraria con tessuti per impedire spanciamenti e ribaltamenti, inserzione di lamelle d’acciaio;
  • inserimento di rinforzi in fibre di carbonio che aumentano i carichi della struttura senza aumentare peso e volume;
  • rinforzo delle strutture in cemento armato;
  • ripristino di parti ed elementi dell’edificio danneggiati, ci sono fattori che nel tempo possono determinare un peggioramento delle prestazioni di un immobile, ad esempio umidità o semplicemente vecchiaia dell’immobile, in questo caso l’obiettivo è riportare la struttura dell’edificio alle condizioni in cui si trovava prima del danneggiamento;
  • miglioramento della capacità di resistenza e duttilità (o adattabilità) di specifiche parti o elementi, anche nel caso in cui non siano stati danneggiati;
  • interventi su coperture al fine di aumentare la capacità portante o ridurre il peso;
  • interventi di consolidamento utili a prevenire crolli, come inserimento di catene o tiranti tra opere murarie o solai.

Tra i lavori ammessi vi sono anche demolizione e ricostruzione di edifici adibiti ad abitazioni private o ad attività produttive purché l’intervento possa essere comunque considerato di “conservazione del patrimonio edilizio esistente” e non in un intervento di nuova costruzione (risoluzione n. 34/E del 27 aprile 2018).

Per ottenere il Sisma Bonus è necessario allegare l’asseverazione di un tecnico abilitato che certifichi classe di rischio dell’edificio precedente l’intervento e
quella conseguibile a seguito dell’esecuzione dell’intervento progettato. Occorre, infine, la copia dell’attestazione della conformità degli interventi eseguiti al progetto depositato, come asseverato dal progettista.

SISMA BONUS 2024 NOVITA’

A partire dal 17 febbraio 2023 le agevolazioni fiscali previste per Superbonus, Ecobonus, Bonus ristrutturazioni, Sisma Bonus, etc. potrà essere fruita esclusivamente attraverso le detrazioni fiscali. Non sono più attive le agevolazioni tramite sconto in fattura e cessione del credito.

Resta la possibilità di sfruttare tali ultimi due strumenti solo in caso di Superbonus rafforzato, cioè per la ricostruzione post sisma.
A fornire chiarimenti sulle residue ipotesi di cessione del credito è l’Agenzia delle Entrate con la circolare 27 del 2023. La circolare stabilisce che a decorrere dal 17 febbraio 2023 il divieto di cessione del credito e sconto in fattura opera per adozione di misure antisismiche di cui all’articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies, del d.l. n. 63 del 2013 e di cui al comma 4 dell’articolo 119 del Decreto Rilancio.

EUROPA SU GUERRE E TRATTATIVE SU PATTO DI STABILITA’ E BILANCIO UE

LA POSIZIONE DELL’UE NEI CONFRONTI DELLA GUERRA RUSSIA/UCRAINA

L’UE e i suoi Stati membri condannano la guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina.

Dal febbraio 2022 il Consiglio europeo e il Consiglio dell’Unione europea si riuniscono regolarmente per discutere della situazione in Ucraina da diverse angolazioni: l’UE ha dimostrato unità e forza e ha fornito all’Ucraina sostegno umanitario, politico, finanziario e militare.

L’UE ha assunto l’impegno di continuare a dar prova di solidarietà e a fornire sostegno ai rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina e ai paesi che li ospitano. Si sta inoltre coordinando con i partner e gli alleati, in seno alle Nazioni Unite, all’OSCE, alla NATO e al G7.

In varie occasioni, il Consiglio europeo ha condannato gli attacchi indiscriminati della Russia nei confronti di civili e infrastrutture civili e ha esortato la Russia a cessare gli attacchi missilistici sistematici contro le infrastrutture energetiche ucraine.

I leader dell’UE hanno evidenziato che la Russia, la Bielorussia e tutti i responsabili di crimini di guerra e degli altri crimini più gravi saranno chiamati a rispondere delle proprie azioni in conformità del diritto internazionale.

Attualmente gli Stati membri hanno definizioni diverse di cosa costituisca una violazione delle misure restrittive nonché della natura delle sanzioni che dovrebbero essere applicate in caso di violazioni.

Per questo motivo il 28 novembre il Consiglio ha adottato all’unanimità la decisione di aggiungere la violazione delle misure restrittive all’elenco dei “reati riconosciuti dall’UE” previsto dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La decisione:

  • garantirà un’esecuzione più uniforme delle sanzioni in tutta l’UE
  • scoraggerà i tentativi di aggirare o violare le sanzioni

Ai sensi della decisione, la Commissione europea presenterà una proposta di direttiva contenente norme minime relative alla definizione del reato di violazione delle misure restrittive dell’UE e delle relative sanzioni.

L’IMPATTO DELLA GUERRA SUI MERCATI

I prezzi mondiali delle principali materie prime, come i combustibili e i concimi, hanno raggiunto livelli record nel 2022 con notevoli ripercussioni nel 2023.

La guerra ha causato incertezza in merito alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Gli attacchi della Russia alle colture e alle infrastrutture di trasporto hanno compromesso la capacità dell’Ucraina di esportare la sua produzione agroalimentare, aggravando ulteriormente la crisi alimentare mondiale.

L’aggressione militare russa contro l’Ucraina ha un impatto diretto sulla sicurezza alimentare e sull’accessibilità economica dei prodotti alimentari a livello mondiale.

Grazie alla politica agricola comune (PAC), la disponibilità di prodotti alimentari, mangimi e concimi non è fonte di particolare preoccupazione nell’UE. L’UE è ampiamente autosufficiente e si prevede che il suo mercato unico sarà all’altezza del suo ruolo assorbendo gli shock, garantendo la sicurezza alimentare per i cittadini dell’UE e assicurando agli agricoltori europei sostegno al reddito.

Tuttavia, la riduzione delle importazioni di mais, frumento, olio e farina di colza e di girasole dall’Ucraina ha ripercussioni soprattutto sui prezzi dei mangimi e sull’industria alimentare dell’UE. Alla luce degli elevati prezzi di mercato e delle tendenze inflazionistiche a causa della guerra in Ucraina, la preoccupazione principale nell’UE continua a essere l’accessibilità economica.

Tra i problemi principali figurano le forniture di carburante e i prezzi dei carburanti, così come le sfide logistiche legate agli attraversamenti delle frontiere e alle restrizioni dello spazio aereo. Inoltre, le importazioni di merci e il massiccio afflusso di rifugiati ucraini verso i paesi dell’UE hanno comportato sfide operative per il settore.

UE E PATTO DI STABILITA’

L’Unione Europea è chiamata a riformare le sue regole fiscali entro la fine dell’anno, ma non c’è accordo tra i Paesi su come modificare l’attuale Patto di stabilità e crescita.

Nel 2023  la necessità di una riforma diventa fondamentale, dopo le crisi economiche innescate dalla pandemia da Covid-19 e dalla guerra in Ucraina, con un aumento improvviso dei prezzi dell’energia e un’inflazione da record. 

Ogni Stato membro dovrà elaborare un piano di bilancio a medio termine per ridurre i livelli di deficit a un ritmo credibile e portare il debito pubblico su un “plausibile percorso discendente”, che dovrà essere negoziato dal singolo Stato con la Commissione europea e approvato dal Consiglio dell’Ue.

I governi nazionali dovranno presentare piani a medio termine con i propri obiettivi di bilancio, le misure, le riforme e gli investimenti prioritari previsti su un periodo di almeno quattro anni, che saranno esaminati e approvati da Commissione e Consiglio dell’Ue.

Ogni piano dovrà contenere obiettivi di spesa pluriennali, che saranno poi utilizzati come base per la sorveglianza fiscale dello Stato in questione.

La Commissione redigerà allora un “percorso di rientro” per quei Paesi che hanno un debito pubblico superiore al 60% del proprio Pil (al momento 13 su 27, compresi Francia, Germania e Italia) o un deficit superiore al 3% del Pil.

LE NUOVE REGOLE EUROPEE SUI BILANCI

L’Europa prepara la revisione delle regole sulla finanza pubblica, con i parametri economici all’interno dei quali devono stare i Paesi membri per non incorrere nelle procedure di infrazione comunitarie. 

La Commissione europea ha presentato una proposta di riforma del Patto di Stabilità e Crescita, l’insieme delle regole europee per la gestione coordinata e prudente dei conti pubblici da parte degli stati membri dell’Unione europea.

In linea generale servono a far sì che ciascun paese tenga i conti pubblici in ordine e senza fare troppo ricorso al debito, in modo da evitare problemi che possano ricadere sul resto dell’Unione. Le vecchie regole erano state sospese nella primavera del 2020 a causa della pandemia, per dare modo agli stati di spendere miliardi di euro in aiuti a famiglie e imprese senza troppi problemi e vincoli burocratici sul debito: erano comunque oggetto di discussione da diversi anni perché ritenute da alcuni troppo stringenti, e anche la stessa Commissione aveva detto più volte che dovevano essere riviste e aggiornate.

La riforma proposta dalla Commissione prevede una semplificazione delle regole, trattamenti diversi a seconda della condizione economica “di partenza” degli stati e un rafforzamento delle procedure di infrazione.

Gli obiettivi della riforma sono quelli di armonizzare le regole esistenti, rendendole meno stringenti, e al contempo di rendere più credibili e praticabili le procedure per deficit e debito eccessivi.

La riforma prevede che ogni paese dovrà avere come obiettivo quello di tendere a un 60 per cento massimo di rapporto tra debito e PIL e del 3 per cento del rapporto deficit e PIL. Per la procedura per disavanzo eccessivo, sotto forte pressione della Germania, la riforma prevede che gli stati saranno obbligati a ridurre il debito pubblico di 0,5 punti percentuali all’anno finché il deficit rimarrà sopra la soglia consentita. 

Le nuove regole prevederebbero  maggiore considerazione delle condizioni economiche specifiche degli stati. I paesi con debito superiore al 60 per cento del PIL non sarebbero più obbligati a ridurlo di un ventesimo all’anno: per esempio di circa 7 punti all’anno, per un paese che come l’Italia ha un rapporto fra debito pubblico e PIL arrivato intorno al 144 per cento.

Con la riforma i paesi con un debito importante devono però proporre un proprio piano di quattro anni – estendibile a sette in casi eccezionali – di riduzione del rapporto tra debito e PIL, la cui credibilità viene valutata dalla Commissione europea. Successivamente, su proposta della Commissione, il piano viene approvato dal Consiglio, in modo che ogni paese prenda un impegno politico di fronte agli altri paesi.

NUOVO PATTO DI CRESCITA E STABILITA’

L’Italia sul tema , dovrà assumere un atteggiamento diplomatico che contemperi l’interesse nazionale con quello comunitario, superando le divergenze sostanziali fra i Paesi dell’Unione;  ma, soprattutto, che contribuisca con realismo a un accordo fra i governi, che deve avere un larghissimo supporto per essere raggiunto ed essere poi utile ed efficace. 

LO SCOPO DEL PATTO DI STABILITA’

Il Patto è nato nel 1997, insieme all’ultima tappa della nascita dell’euro, e come sua conseguenza.

Lo scopo originario del Patto è dunque la coerenza delle politiche di bilancio nazionali con le finalità della nuova politica monetaria comune. Paradossalmente, il senso del Patto sulle politiche di bilancio riguarda soprattutto la politica monetaria, l’indipendenza della BCE. E riguarda i deficit e i debiti pubblici presi come aggregato, indipendentemente dalla loro composizione.

Si parla spesso di coordinamento necessario fra politica monetaria e di bilancio. Il coordinamento più utile è quello dove la banca centrale e il governo fanno ciascuno il proprio mestiere, mirando al proprio obiettivo, rispettando i vincoli che impediscono a ciascuna autorità di rendere l’economia più instabile, anziché aiutarla a stare in equilibrio su un cammino di crescita. Sono i vincoli a coordinare le due politiche: l’obbligo di perseguire la stabilità dell’indice dei prezzi, seguito dalla banca centrale, riceve forza e plausibilità da una finanza pubblica che non registra disavanzi e debiti tali da sollecitare la banca ad aiutarla stampando moneta. Allo stesso tempo, le regole di un buon Patto di Crescita e Stabilità trovano supporto, in una banca centrale che guarda all’inflazione e non alle esigenze di finanziamento dei governi.

EFFETTI INFLAZIONE: SITUAZIONE FAMIGLIE ITALIANE 

Cos'è l'inflazione

L’inflazione è l’aumento generalizzato dei prezzi nel corso del tempo. Il tasso di inflazione misura la velocità con cui i prezzi di beni e servizi aumentano.

Questo aumento riduce il potere d’acquisto della moneta. In altre parole, l’inflazione significa che con la stessa quantità di denaro si possono comprare meno cose.

Le cause dell’inflazione possono essere diverse. Tra queste troviamo l’aumento della domanda di beni e servizi, l’aumento dei costi di produzione e una maggiore quantità di denaro circolante che può portare a un aumento dei prezzi.

L’inflazione misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di prodotti rappresentativo dei beni e servizi consumati dalle famiglie. In Italia  possiamo distinguere cinque grandi categorie di beni: energetici (ad esempio, benzina e gas per il riscaldamento), alimentari freschi (tipo insalata o pesche), alimentari trasformati (ad esempio marmellata), beni industriali non-energetici e non-alimentari (ad esempio automobili, tessuti, scarpe), e servizi (come le tariffe dei liberi professionisti o il prezzo dei trasporti).

COSA DETERMINA L’INFLAZIONE

L’inflazione determina una diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie. Il Governo è intervenuto introducendo una serie di misure: riduzione delle tariffe, bonus sociale per le utenze elettriche e del gas, taglio temporaneo delle accise sui carburanti. Si può stimare che nel complesso le misure abbiano ridotto l’inflazione di circa 1,5 punti percentuali nella media del 2022.

Secondo le proiezioni macroeconomiche degli esperti BCE, in Europa l’inflazione rimarrà elevata nel breve periodo, ma scenderà bruscamente al 3,6% entro la fine del 2023. L’attenuazione delle pressioni dai prezzi dell’energia e di altri costi, unitamente alle misure di politica monetaria della Banca centrale, dovrebbe riportare l’inflazione all’obiettivo del 2% entro la seconda metà del 2025.

Si prevede che i prezzi del gas e dell’elettricità avranno un impatto prolungato sull’inflazione complessiva, e l’inflazione alimentare è destinata ad aumentare ulteriormente nei prossimi mesi a causa delle continue pressioni esercitate dagli scorsi aumenti dei prezzi delle materie prime alimentari, dei prezzi dell’energia e intensificate dagli effetti ritardati del deprezzamento dell’euro. Secondo le attese, l’inflazione alimentare inizierà a calare nel corso del 2023 man mano che queste pressioni sui costi diminuiranno. 

 Gli aumenti dei prezzi incidono sulle famiglie in misura diseguale a seconda della diversa propensione al consumo e della diversa composizione del paniere di spesa. In Italia le famiglie con redditi più bassi sono maggiormente colpite, avendo una più elevata quota di spesa relativa ai beni che hanno subito i maggiori rincari.

COME PROTEGGERE I PROPRI RISPARMI DALL’INFLAZIONE

Per proteggere i risparmi dall’inflazione bisogna in primis diversificare, cioè investire in più prodotti diversi tra loro (depositi, titoli di Stato, azioni e obbligazioni delle imprese, materie prime, immobili, ecc. La diversificazione è infatti utile anche a contrastare gli effetti negativi di aumenti non previsti dell’inflazione! Quando l’inflazione aumenta, di solito aumentano anche i tassi di interesse e i rendimenti delle attività finanziarie. È importante quindi investire una parte dei propri risparmi in strumenti con scadenza a breve termine o a tasso variabile (ad esempio, conti correnti e depositi a breve termine, BOT, titoli di Stato e altre obbligazioni a tasso variabile) e, soprattutto, in titoli di Stato indicizzati all’inflazione. Avere una parte dei risparmi investita in strumenti a breve scadenza consente di reinvestirei fondi scaduti o che scadranno a breve a tassi che intanto sono aumentati con l’inflazione. Nel caso dei titoli a tasso variabile o indicizzati all’inflazione, l’aumento del rendimento è automatico appena tassi e inflazione iniziano a crescere.

Altro modo per tutelare i propri risparmi è  stare sempre attenti ai rendimenti reali, quelli “veri”, che permettono di far crescere nel tempo il potere di acquisto dei miei risparmi. Normalmente quando si parla dei rendimenti (ad esempio, il tasso di interesse di un conto corrente o il rendimento di un titolo di Stato) ci si riferisce a rendimenti nominali, cioè al tasso di crescita del nostro capitale investito. Il capitale investito in uno strumento che rende il 3 per cento, con un’inflazione del 2 per cento, crescerà solo dell’1 per cento in termini di beni e servizi che si potranno acquistare. Purtroppo, soprattutto negli ultimi anni, per avere rendimenti reali atte si positivi è necessario investire in strumenti relativamente rischiosi, dai rendimenti più alti, tali da più che compensare l’inflazione. Se non vogliamo o possiamo sopportare i rischi più alti connessi a rendimenti più elevati, l’alternativa per raggiungere gli obiettivi per i quali si risparmia è risparmiare di più, ovviamente quando possibile!

PREVISIONI PER L’ECONOMIA ITALIANA 2023/2024

Ci si attende che i consumi delle famiglie residenti e delle ISP segnino, in linea con l’andamento dell’attività economica, un aumento nel 2023 (+0,5%), che si rafforzerà l’anno successivo (+1,1%), grazie all’ulteriore riduzione dell’inflazione associata a un graduale recupero delle retribuzioni e al miglioramento del mercato del lavoro. Gli investimenti manterranno ritmi di crescita elevati, rispetto alle altre componenti: 3,0% nel 2023 e 2,0% nel 2024, in decelerazione rispetto al biennio precedente. < Nel biennio di previsione, l’occupazione, misurata in termini di unità di lavoro (ULA), segnerà una crescita in linea con quella del Pil (+1,2% nel 2023 e +1% nel 2024). Il miglioramento dell’occupazione si accompagnerà a un calo del tasso di disoccupazione che scenderà al 7,9% quest’anno e al 7,7% l’anno successivo. < Il percorso di rientro dell’inflazione, favorito dalla discesa dei prezzi dei beni energetici e dalle politiche restrittive attuate dalle banche centrali, si rifletterà in una riduzione della dinamica del deflatore della spesa delle famiglie residenti sia nell’anno corrente (+5,7%) sia, in misura maggiore, nel 2024 (+2,6%).

NOVITÀ PENSIONE ANTICIPATA

Le misure previste dalla Legge di Bilancio 2024 sulle novità che coinvolgono le PENSIONI 2024 sono dettagliate nello schema rappresentato di seguito. In sintesi, l’anzianità contributiva richiesta per il pensionamento anticipato nel 2024, come negli anni precedenti, è differente per gli uomini e per le donne. I lavoratori, a prescindere dal settore, devono raggiungere i 42 anni e dieci mesi di contributi. Le lavoratrici, anche in questo caso a prescindere dal settore, devono raggiungere i 41 anni e dieci mesi di contributi.

L’anticipo pensionistico “Ape Sociale” viene prorogato anche per il 2024, ma anche qui ci sono delle novità “in negativo” : l’età anagrafica viene elevata di 5 mesi, a 63 anni e 5 mesi – oggi 63 anni – .

Nel biennio 2025-26, per accedere alla pensione di vecchiaia, saranno necessari 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi. Le stesse condizioni saranno valide sia per il sistema misto che per quello contributivo, quest’ultimo con un primo assegno di importo non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale.

Pensione Età Anni di Contributi Altro
Quota 103 62 41 Finestra di 7 mesi per i dipendenti privati Finestra di 9 mesi per i dipendenti pubblici
Ape Sociale 63,5 30/32/36 Cumulabile solamente con redditi da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro Per le madri riduzione del requisito contributivo di 1 anno per ogni figlio (massimo 2 anni)
Opzione Donna 61 35 60 anni d’età con un figlio 59 anni d’età con 2 o più figli oppure se licenziate/dipendenti di aziende in crisi
Pensione di vecchiaia sistema misto 67 20
Pensione anticipata sistema misto uomini 42 anni e 10 mesi
Pensione anticipata sistema misto donne 41 anni e 10 mesi
Pensione di vecchiaia sistema contributivo 67 20 Importo almeno pari all’assegno sociale
Pensione anticipata sistema contributivo 64 20 Importo almeno 3 volte l’assegno sociale (2,8 per le donne con 1 figlio e 2,6 per le donne con 2 o più figli)
Pensione sistema contributivo senza requisito di importo 71 5

Secondo quanto prevede il testo in materia pensionistica, anche i tempi per le finestre di uscita saranno estesi: 7 mesi per i lavoratori privati e 9 mesi per i dipendenti pubblici. In ogni caso, l’assegno mensile riconosciuto non potrà essere maggiore di quattro volte il trattamento minimo previsto a legislazione vigente. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni è intervenuto inoltre sulle rivalutazione delle pensioni pari o inferiori a 5 volte il minimo: gli assegni fino a 2.627 euro lordi saranno indicizzati al costo della vita per l’85%.

Chi può andare in pensione con la nuova Quota 103 rivisitata

Una delle principali novità previste dal DDL Bilancio 2024 per quanto riguarda la pensione anticipata è la modifica a Quota 103

Se inizialmente il Governo aveva annunciato una stretta sui requisiti d’accesso, sostanzialmente trasformandola in Quota 104, tale modifica non è presente nell’ultima bozza della Manovra. Pertanto, nel 2023, dovrebbe essere possibile continuare ad andare in pensione utilizzando questo strumento con 62 anni d’età e 41 di contributi.

Si tratterà, però, di una Quota 103 penalizzata, in quanto l’importo dell’assegno sarà calcolato interamente secondo il sistema contributivo. Oltre a questo, poi, si introduce un tetto massimo al valore lordo mensile dell’assegno, che non potrà essere superiore a quattro volte il minimo indicato dall’INPS. Inoltre, cambiano le finestre mobili per l’uscita, il tempo che deve trascorrere tra la maturazione dei requisiti e la pensione. Queste passano da 3 a 7 mesi per i dipendenti privati e da 6 a 9 mesi per quelli pubblici.

Per chi, invece, rinuncia all’uscita anticipata è previsto il bonus maroni, così come in vigore nel 2023.

Una stretta che di fatto renderebbe ancora più complicato andare in pensione anticipatamente. Secondo quanto riportato dall’INPS, infatti, già con la Quota 103 in vigore nel 2023 i pensionamenti nei primi 9 mesi dell’anno sono stati meno rispetto al 2022. In particolare, per quanto riguarda le pensioni anticipate, al 2 ottobre 2023 sono in totale 171.800 contro le 260.515 registrate nel 2022.

Cambiano gli importi minimi per il pensionamento

A cambiare, secondo quanto previsto dalla bozza bollinata del testo della Legge di Bilancio 2024, saranno anche gli importi minimi per andare in pensione con il sistema contributivo.

Nello specifico viene eliminato il vincolo che prevede si possa andare in pensione di vecchiaia nel sistema contributivo, con 67 anni e 20 anni di contributi, solamente se è stato raggiunto un importo pensionistico pari a 1,5 volte quello della pensione sociale. Pertanto, sarà sufficiente un importo almeno pari a quello dell’assegno

Inoltre, per quanto riguarda la pensione anticipata, 64 anni d’età e 20 di contributi, il trattamento maturato deve essere superiore a 3 volte quello dell’assegno sociale e non più 2,8 come è stato finora. Si prevede, poi, uno sconto a 2,8 per le donne con 1 figlio e a 2,6 per le donne con 2 o più figli.

Questo trattamento sarà riconosciuto per un importo lordo mensile massimo non superiore a 5 volte il minimo previsto fino alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia. Decorrerà trascorsi 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti previsti.

Uscita anticipata per tutti, o quasi, a 63 anni. Con anzianità contributiva variabile a seconda delle “tipologie”: 36 anni per gli uomini disoccupati, impegnati in attività «gravose», caregiver o invalidi; 35 anni per le donne; 41 anni per la maggioranza dei lavoratori.

La soglia anagrafica minima di pensionamento sale dunque praticamente a tutto campo a 63, visto che non si potrà più uscire a 62 come previsto con Quota 103. E che neppure le poche categorie di lavoratrici alle quali era consentito l’accesso a Opzione donna nella versione 2023 potranno più optare per l’uscita a 60 anni (59 con un figlio e 58 anni in presenza di più figli), a meno di ripensamenti  dell’esecutivo.

Questo nuovo meccanismo dovrebbe essere accompagnato, almeno per quel che riguarda Quota 104, da un sistema di «premialità» per chi deciderà di rimanere al lavoro, sulla falsariga del riadattamento del bonus Maroni deciso con la scorsa legge di Bilancio con cui viene di fatto lasciata nella busta paga del lavoratore la trattenuta contributiva del 9,19%.

LEGGE DI BILANCIO 2024: NOVITA’ CINEMA

Uno dei capitoli più corposi della bozza della legge di Bilancio 2024 è dedicato al cinema, settore già al centro delle attenzioni perché il governo ha deciso di ridurre il fondo a esso dedicato. Le indiscrezioni degli scorsi giorni trovano conferma nelle parole di Lucia Borgonzoni, sottosegretaria alla Cultura. In un’intervista pubblicata dalla Stampa, la mattina del 24 ottobre: «Il fondo per il cinema perderà 50 milioni, non 100 milioni. Di questi, 36 milioni li chiede il ministero dell’Economia come taglio lineare del 5% chiesto a tutti i dicasteri, mentre 14 milioni verranno invece spostati ad altre voci sempre della cultura». E nelle pieghe della Manovra, si scoprono altri tagli che consentiranno di racimolare risorse fino a quest’anno impiegate per le produzioni. «Per le opere cinematografiche, l’aliquota è ordinariamente prevista nella misura del 40%», si legge. Ma l’aliquota della tax credit, quindi il beneficio per chi opera nel settore, potrebbe scendere in caso di esigenze di bilancio, nonché «in relazione alle dimensioni di impresa o gruppi di imprese» e ancora «in relazione a determinati costi eleggibili o soglie di costo eleggibile».

Multe fino a 50 mila euro per le false dichiarazioni sulla tax credit

Il tetto massimo della tax credit, che rimane dunque al 40%, potrà scendere se l’impresa che produce il film in Italia non si avvale di un regista, un attore o uno sceneggiatore italiano. In tal caso, l’aliquota del credito di imposta si abbasserà al 30%. «C’era una stortura da correggere», argomenta sempre Borgonzoni. «Quando in Italia arriva un attore, regista o sceneggiatore straniero gode di un credito di imposta del 40%, ma in realtà paga il 30% di tasse. Gli davamo indietro più di quello che pagava effettivamente. La tax credit rimarrà al 40% per i film internazionali in Italia solo se queste produzioni comprendono un attore, sceneggiatore o regista italiano. Altrimenti scenderà al 30%. Un sistema di premialità per chi chiama sul set professionisti italiani». Tornando alla bozza della Manovra, poi, viene introdotta una sanzione amministrativa pecuniaria per chi, certificando i costi sostenuti dalle imprese cinematografiche, compila dichiarazioni «infedeli» al fine di ottenere maggiori benefici dalla tax credit.

Il salvataggio per i cinema indipendenti

Un credito di imposta «non inferiore al 20% e non superiore al 40%» sarà erogato per le opere di ristrutturazione e sviluppo tecnologico delle sale cinematografiche. Beneficio che sale al 60% se si tratta di «piccole e medie imprese». È il fronte degli interventi che la Manovra prevede per salvare i cinema, avvantaggiando gli imprenditori indipendenti. Le spese per cui si potrà chiedere il credito di imposta sono quelle relative a: «Realizzazione di nuove sale o ripristino di sale inattive, ristrutturazione, adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche, ovvero installazione, ristrutturazione e rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi accessori delle sale». Nel lungo articolo 14 della bozza della legge di Bilancio, poi, vengono fissati alcuni contributi a vantaggio delle opere prime e seconde. Il tesoretto da ripartire è esiguo «per la finalità è autorizzata una spesa limite di 500 mila euro annui». La valutazione su chi potrà accedere a queste risorse spetterà a «una commissione composta da esperti nominati dal ministro della Cultura tra personalità di comprovata qualificazione professionale nel settore». I membri della commissione saranno scelti, dunque, dal dicastero di Gennaro Sangiuliano e sarà lo stesso ministro, attraverso decreto, a decidere quanto saranno pagati. Stesso principio regolerà l’erogazione di fondi, con un «limite di spesa pari a 200 mila euro annui», per le attività di promozione cinematografica e audiovisiva.

Le macchine per la Tac con i soldi risparmiati nel cinema

Ad esempio «si potrebbero acquistare tante macchine per la Tac per abbattere liste di attesa», sostiene Sangiuliano rivolgendosi al ministro della Salute Orazio Schillaci, anche lui presente all’evento. E ancora: «Aver parlato di una riforma non significa non ritenere l’audiovisivo fondamentale, un’industria importante per l’Italia, che riconosco e davanti alla quale mi inchino. Ma solo per aver pensato di rendere il sistema più efficiente, uno viene crocifisso». Ad ogni modo, rassicura il ministro, «faremo un piccolo taglio, ma vogliamo incidere sul meccanismo di spesa e renderlo più efficiente».

Il taglio al cinema ci sarà, ma risulterà proporzionato e in linea con quello degli altri ministeri in vista della prossima Legge di Bilancio. La parziale rassicurazione arriva da Francesco Rutelli, presidente dell’ANICA in merito all’ipotesi dei 100 milioni di euro in meno sulle risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo. L’annuncio era arrivato dal titolare del Mic, Gennaro Sangiuliano, in un lettera al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il contenuto della missiva, aveva portato a una levata di scudi all’interno del settore cinematografico, sia da parte dei registi che delle maestranze. “Fondamentale l’incontro dei rappresentanti delle associazioni con il ministro, in cui si è parlato delle ripercussioni sulla filiera”, ha spiegato Rutelli. Secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, al termine di due riunioni svoltesi ieri sembra che la cifra da tagliare sia scesa a 50 milioni da spalmare su diverse voci del fondo cinema, tax credit incluso.

Il taglio al cinema ci sarà, ma risulterà proporzionato e in linea con quello degli altri ministeri in vista della prossima Legge di Bilancio. La parziale rassicurazione arriva da Francesco Rutelli, presidente dell’ANICA in merito all’ipotesi dei 100 milioni di euro in meno sulle risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo. L’annuncio era arrivato dal titolare del Mic, Gennaro Sangiuliano, in un lettera al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

PENSIONI 2024: novità

Il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 16 ottobre 2023, ha approvato il disegno di Legge di Bilancio 2024.

Il 16 ottobre 2023 il Consiglio dei Ministri ha approvato la prima stesura della Legge di Bilancio che contiene la riforma pensioni 2024.

Il Governo, che parte con un tesoretto basso, pari a circa 2 miliardi di euro per la spesa pensionistica, prevede maggiori tutele per donne, giovani, lavoratori con mansioni usuranti e una soluzione per scongiurare il ritorno tout court della Riforma Fornero con la sperimentazione della nuova Quota 104.

Arriva tra le novità della Legge di Bilancio 2024, l’addio a Quota 103, oltre che la modifica di APE Sociale 2023 e di Opzione donna, la Quota 104, la mossa per scongiurare il rischio di ritorno alla Legge Fornero (con la sola pensione a 67 anni).

In vista del 2024 quindi si prevedono diverse novità, soprattutto per quanto riguarda la pensione anticipata: infatti per i pensionamenti anticipati ci sono delle forme rafforzate e restrittive rispetto al passato.

Lo strumento introdotto dalla Legge di Bilancio 2023 attualmente prevede la possibilità di andare in pensione anticipatamente, uscendo dal lavoro con 62 anni d’età e 41 di contributi.

Dal 2024, invece, sarà necessario avere più di 62 anni. Il requisito esatto non è ancora stato reso noto, ma non si tratta propriamente di una Quota 104:

“Non è Quota 104 piena perché c’è un meccanismo di, tra virgolette, incentivi per rimanere al lavoro, la norma Maroni dell’anno scorso, e una penalizzazione per chi decide di andare in pensione prima. ”

La Legge di Bilancio 2024 prevede importanti novità  per Opzione Donna e Ape Sociale.

La prima è stata profondamente modificata dall’ultima Manovra, con l’introduzione di una serie di requisiti di accesso che hanno limitato notevolmente la platea di possibili beneficiarie.

In più occasioni il Governo ha dichiarato di voler offrire un ristoro alla donne anche se un ritorno ai vecchi requisiti era subito apparso impossibile.

Secondo quanto anticipato dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, le due misure saranno accorpate e confluiranno in un unico fondo per la flessibilità in uscita.

“Ape Sociale e Opzione Donna vengono sostituiti da un unico fondo per la flessibilità in uscita, che consente di andare in pensione a 63 anni d’età con 36 anni di contributi.”

Nello specifico, potranno andare in pensione a 63 anni d’età con 36 anni di contributi tutte le categorie precedentemente individuate dall’Ape Sociale:

  • caregiver;
  • disoccupati;
  • lavoratori con mansioni gravose;
  • disabili almeno al 74 per cento.

Per le donne in queste categorie il requisito contributivo scende a 35 anni.

AUMENTO PER LE MINIME E RIVALUTAZIONI IN ANTICIPO

Per quanto riguarda le pensioni minime, gli over 75 si vedranno riconosciuta anche quest’anno la rivalutazione già prevista per il 2023. A questo si aggiunge, poi, la rivalutazione delle pensioni in rapporti all’inflazione.

Le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo saranno rivalutate al 100 per cento, quelle fino da 4 a 5 volte il minimo al 90 per cento e così via a scendere man mano che aumenta l’importo della pensione, così come è stato per il 2023.

In materia di previdenza, inoltre, uno degli obiettivi del Governo è quello di anticipare l’aumento delle pensioni previsto per il 2024.

Il conguaglio con l’adeguamento delle pensioni dello 0,8 per cento non erogato a inizio anno, infatti, potrebbe essere concesso già a novembre.

Il Governo potrebbe anticipare l’aumento delle pensioni previsto per il 2024 già al mese di novembre. I pensionati e le pensionate italiane, dunque, potrebbero ottenere prima del previsto la quota di adeguamento all’inflazione non riconosciuta a inizio anno.

Nel 2023, infatti, i pensionati hanno beneficiato della rivalutazione del 7,3 per cento. Una maggiorazione pensata per compensare l’aumento dei prezzi del 2022 che, successivamente, l’ISTAT ha determinato all’8,1 per cento.

Il restante 0,8 per cento in base alle regole in vigore sarà erogato ai pensionati nel 2024. Il Governo intende anticipare i tempi del conguaglio, utilizzando alcuni dei 3,2 miliardi di euro di extra deficit.

Un decreto nelle prossime settimane, dunque, stabilirà l’anticipo del versamento del conguaglio dovuto ai pensionati e alle pensionate nella mensilità novembre o al massimo in quella di dicembre.

In concreto, i titolari di reddito da pensione riceveranno un aumento dell’importo spettante, differenziato in base agli scaglioni individuati dalla Legge di Bilancio 2023. La somma dovrebbe variare dai 50 euro per le pensioni minime (525 euro) ai 200 euro per i titolari di un trattamento quattro volte superiori il minimo (2.101,52 euro). Ad ogni modo, per i calcoli esatti sarà necessario attendere i dettagli e le istruzioni della norma che il Governo intende approvare.

Sono  confermati gli impianti della rivalutazione pensioni a fasce, così come applicate lo scorso anno. Ed è inoltre stata confermata la super-rivalutazione assegni minimi per gli over 75. Anche nel 2024 gli importi cresceranno:

  • al 100% le pensioni fino a quattro volte il minimo,
  • al 90% quelle tra 4 e 5 volte il minimo,
  • a scendere man mano che aumenta l’importo della pensione.

QUOTA 104

Tra le novità della Legge di Bilancio 2024 spunta Quota 104 che prende il posto di Quota 103. Quota 104 consente il pensionamento a 63 anni con 41 anni di contributi, con requisiti che saranno resi noti dopo l’ok definitivo della Legge di Bilancio e che noi vi illustreremo appena saranno ufficiali.

Quota 103, introdotta nel 2023, è uno strumento di flessibilità in uscita che, a determinate condizioni, anticipa la pensione di 5 anni. Più precisamente, permette di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica, requisiti da maturare entro l’anno. Una delle ipotesi al vaglio del Governo era stata proprio quella di prorogare questa misura, ma è saltata lasciando spazio ad un nuovo   tipo di bonus Maroni, nel 2024 ,calibrato su Quota 104.

SALTA LA PROROGA OPZIONE DONNA CON MODIFICHE

Salta per il 2024 anche la proroga di Opzione Donna, prevista con delle modifiche rispetto al 2023, come “Pensione Quota 84“. La forma di pensionamento anticipato straordinario dedicato alle donne, lavoratrici dipendenti o autonome con almeno 35 anni di contributi, nonché in possesso di specifici requisiti, lascerà il posto a Opzione donna mobile 2024 o meglio, a una rivisitazione dell’APE Sociale.

L’APE SOCIALE CAMBIA VESTE NEL 2024

Tra le novità della Legge di Bilancio 2024 spicca la nuova veste dell’ APE Sociale. 

l’APE Sociale è un anticipo della pensione a carico dello Stato italiano, che viene erogato dall’INPS a favore di specifiche categorie di persone che abbiano maturato, al momento della domanda, 63 anni di età e un’anzianità contributiva tra i 30 e i 36 anni in presenza di particolari condizioni. Ma, il Governo – dopo l’approvazione della Manovra 2024 nel Consiglio dei Ministri (da definire ancora in Parlamento) ha chiarito che APE sociale e Opzione donna saranno sostituite da un nuovo fondo per la flessibilità in uscita, destinato a supportare caregiver, disoccupati, lavoratori impegnati in lavori gravosi e disabili con almeno 63 anni di età e 36 anni di contributi. Si chiamerà APE Sociale mobile donne oppure Opzione donna mobile 2024. 

NO ALLE PENSIONI GIOVANI DAL 2024

Non viene approvata dal Governo nella riforma pensioni 2024 la pensione per i giovani con assegno di garanzia. Si tratta di una pensione contributiva di garanzia che serve a evitare che i precari di oggi abbiano in futuro una pensione troppo bassa. È collegata al numero di anni di lavoro e di contributi versati ed eventualmente graduata tenendo conto dei periodi di sospensione di lavoro tra un contratto precario e l’altro. Non è escluso che il Parlamento, analizzando la Legge di Bilancio 2024, possa rimetterla in gioco. 

NO ALLA PENSIONE PART TIME

Il Governo ha deciso – per ora – di non confermare la proposta di istituire la cosiddetta “pensione part time”, ovvero l’uscita dal lavoro graduale con orario dimezzato negli ultimi 3 o 4 anni prima del ritiro definitivo abbinato a sgravi per chi assume under 35. Però, il Parlamento potrebbe introdurre questa forma pensionistica nella fase emendativa alla Legge di Bilancio 2024.

NO A QUOTA 41 PER TUTTI

A differenza della già attiva “pensione per lavoratori precoci“, la Quota 41 nel 2024 doveva essere una forma di pensionamento anticipato diversa, cioè estesa a tutti i lavoratori, non solo i cosiddetti precoci. 

NO A QUOTA 96 O QUOTA 95

Si tratta di una forma di pensionamento anticipato che riguarderebbe coloro che svolgono mansioni usuranti, che potrebbero andare in pensione a 61 anni di età e con 35 anni di contributi. In fase di confronto era stato proposto anche un ulteriore abbassamento dell’età pensionabile a 60 anni, individuando così una possibile “Quota 95”. Il Parlamento potrebbe rimetterla in gioco nella fase emendativa della Legge di Bilancio 2024 .

A QUANTI ANNI SI ANDRÀ IN PENSIONE NEL 2024

Nel 2024 si andrà in pensione all’età stabilita, principalmente, dalla Legge Fornero, ossia a 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi. Ma, se andranno in porto le nuove regole per i pensionamenti anticipati e per l’uscita flessibile dal mondo del lavoro  previste nelle novità della Legge di Bilancio 2024, con le modifiche che arriveranno in Parlamento, allora c’è speranza di anticipare il trattamento.

 Le opzioni certe, relative cioè alle misure strutturali del sistema previdenziale italiano, su quando si andrà in pensione nel 2024 sono:

  • con la pensione di vecchiaia: sarà possibile andare in pensione a 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi. Per coloro che non hanno contributi prima dell’1 gennaio 1996, l’età si alza a 71 anni con almeno 5 anni di contributi;
  • con la pensione anticipata contributiva: si potrà accedere a questa pensione a 64 anni di età con almeno 20 anni di contributi, ma è necessario che l’importo della pensione sia almeno 2,8 volte l’assegno sociale;
  • con la pensione lavoratori precoci: sarà sufficiente avere 41 anni di contributi per andare in pensione, indipendentemente dall’età anagrafica.

 Ognuna di queste opzioni prevede anche il possesso di altri requisiti e di specifiche condizioni. Con l’ok definitivo alla Legge di Bilancio 2024, potrebbero arrivare nuove forme di pre pensionamento che serviranno ad apportare alcune modifiche alle regole pensionistiche.

Infine, è importante notare che i requisiti potrebbero diventare più severi nel 2025, quindi è bene tenere conto di queste variazioni nel piano di pensionamento.